domenica 5 luglio 2009

Punto di equilibrio

Ad un certo punto della nostra vita avvertiamo, in modo molto netto e preciso, la presenza incombente di due forze della (nostra) Natura:
  • la Forza che governa il decadimento materiale del nostro corpo fisico.
  • la Forza che governa la persistenza del corpo collettivo (sociale) di cui facciamo parte.
Ci rendiamo conto, cioè, che non possiamo - in nessun modo - evitare la nostra morte e quella dei nostri amici.

E che - al medesimo tempo - non siamo in grado di condizionare (da soli) il comportamento e l'evoluzione della corpo umano collettivo di cui facciamo parte che sembra destinato a proseguire la sua esistenza immortale secondo le sue imperscrutabili logiche e senza curarsi della nostra presenza.

Lo sapevamo anche prima di questo momento, lo abbiamo sempre saputo, in realtà.

Ma c'è un particolare momento nella vita, un momento esatto, inequivocabile, in cui queste Forze si presentano chiare e distinte davanti ai nostri occhi e ci costringono a percepire i limiti della nostra natura.

Comprendiamo (anzi, sentiamo) di essere semplicemente delle cellule (mortali e sostituibili) di un organismo più grande di noi che esiste anche grazie al nostro infinitesimo contributo ma che, semplicemente, ci ignora.

Esattamente come noi ignoriamo l'esistenza delle nostre cellule e le sostituiamo tutte più e più volte nel corso della vita, mantenendo invariata la nostra unità personale, la nostra identità, il nostro orgoglioso IO.

Nessun commento:

Posta un commento