domenica 29 novembre 2009

Ho spremuto un desiderio !

Così mi ha detto oggi un bimbo.

E io non l'ho corretto.
Perchè lui aveva ragione.

Gli adulti esprimono desideri.
Si limitano, cioè, a rappresentarli verbalmente.

I desideri, invece, devono essere spremuti.
Perchè da essi esce il succo della speranza.

sabato 31 ottobre 2009

Il Re (di denari)

Il sistema sociale contemporaneo è composto da milioni di individui (agenti) iper-specializzati che forniscono, ciascuno, un contributo specifico e infinitesimo al processo vitale complessivo del sistema stesso.

La iper-specializzazione consente alla società di raggiungere obiettivi sempre più complessi ma non consente più al singolo individuo di poter provvedere autonomamente alla propria sopravvivenza.

Per sopravvivere, il singolo individuo deve acquisire beni e servizi da altri individui del sistema (il cardiochirurgo deve acquistare il pane dal panettiere, i vestiti dal sarto e la casa dal muratore).

L'iper-specializzazione implica necessariamente il passaggio da una economia di sussitenza ad una economia basata sullo scambio.

L'individuo fornisce al sistema il proprio lavoro specializzato e il sistema (la rete organizzata di tutti gli individui) fornisce all'individuo i mezzi di sussitenza di cui ha bisogno per sopravvivere e continuare a fare il proprio lavoro.

Il denaro è il mezzo universale che consente gli scambi.

Il denaro trasforma le scomode transazioni lineari del baratto (merce contro merce) in transazioni triangolari ad altissima efficienza (merce contro denaro --> denaro contro merce) distribuendo le transazioni del baratto nello spazio e nel tempo:

vendo la merce che io ho prodotto qui e adesso e ottengo il denaro che utilizzerò domani e altrove per comprare la merce prodotta da altri che io non sono in grado di produrre da solo.

L'economia di scambio in un sistema composto da individui iper-specializzati ha dunque bisogno del denaro un po' come il corpo umano ha bisogno del sangue per portare ossigeno ai tessuti e consentire il loro regolare funzionamento.

Chi ha in mano il privilegio (sovrano) di creare il denaro e di regolarne la circolazione, ha dunque il controllo totale del sistema e, indirettamente, di ciascun singolo individuo.

Lo stesso potere che il sovrano assoluto (il Re) aveva sul suo regno e sui suoi sudditi.

sabato 24 ottobre 2009

Gioco coesivo

Nei giochi cooperativi ad utilità trasferibile, i cosiddetti tu-games, si cercano tutte le distribuzioni della utilità collettiva che consentono a ciascun singolo giocatore, o a coalizioni di giocatori, di ritenere vantaggiosa la cooperazione globale rispetto al gioco singolare o di coalizione.

Il gioco si dice coesivo quando tende a favorire - appunto - la coesione tra i giocatori potendo garantire a ciascun giocatore un vantaggio individuale collegato alla (distribuzione della utilità globale generata dalla) cooperazione.

In parole povere: la cooperazione si realizza solo quando i singoli possono trarne un vantaggio.

Ciò avviene quando esiste effettivamente una differenza positiva tra il valore del tutto e la somma dei valori delle parti.

Quando cioè il sistema globale è in grado effettivamente di produrre un valore maggiore della somma dei valori prodotti dalle singole parti ed esiste almeno un modo razionale per distribuire il valore complessivo tra tutti i membri del sistema in modo tale da mantenere vantaggiosa per ciascuno la scelta della cooperazione.

Applichiamo queste considerazioni al nostro piccolo mondo:

In questo momento la popolazione del pianeta è suddivisa in tante Nazioni ciascuna impegnata a massimizzare la propria utilità.

Il gioco non è (ancora) coesivo a causa della (ancora per poco) elevata utilità raggiungibile autonomamente da ogni singola Nazione rispetto all'utilità che la stessa Nazione potrebbe ottenere cedendo la sua sovranità ad una Super-Nazione globale.

Questa crisi, però, sta provocando un significativo crollo delle utilità delle singole Nazioni e potrebbe giungere ad un punto in cui la ridottissima utilità nazionale viene di gran lunga superata dalla vantaggiosa prospettiva di diventare parte di un sistema sempre più ampio.

Come a dire: non potendo realizzare la coesione planetaria elevando l'utilità globale del sistema, si riducono le utilità nazionali fino al raggiungimento di un livello molto più basso in cui la somma delle utilità nazionali risulta minore della utilità globale dell'intero pianeta.

A quel punto, e solo a quel punto, le singole Nazioni invocheranno a gran voce la nascita dell' Unica Grande Nazione per poter attingere alla loro quota di utilità e migliorare la propria situazione.

A quel punto il gioco diventerà coesivo.

"And the World will be as One".

domenica 18 ottobre 2009

Voi cosa pensate di fare ?

Se la funesta previsione ( http://tinyurl.com/yllx6hm ) che il politologo russo Igor Panarin formulò per la prima volta nel 1998 dovesse rivelarsi esatta ( lo scopriremo presto !! )

voi cosa pensate di fare ??

Il crollo dell'economia USA - infatti - se avverrà come previsto da Panarin - non sarà indolore e provocherà un cataclisma globale che attraverserà anche l'Unione Europea e anche la fragilissima Italia.

Cosa succederà ?

Quali saranno le reazioni ?

E voi, con la vostra vita privata, quotidiana, familiare, particulare, ... cosa farete ?

Offro lo spazio di questo blog per discutere assieme, per mettere assieme le idee, per valutare assieme il rischio e le strategie di sopravvivenza.

Oppure per smentire in modo categorico, argomenti alla mano, e scoprire che molto di questo allarmismo è fondato sul nulla e quelli come il signor Panarin o sono degli spostati o sono in malafede.

Parliamone, però.

Se volete.

Se vi interessa.

Se pensate che valga la pena.

Altrimenti... aspettiamo che gli eventi si spieghino da soli.




giovedì 24 settembre 2009

Neureconomia

L'altro giorno mi è capitato di osservare come il tessuto economico e produttivo dalla società umana sia, per certi versi, del tutto simile al tessuto nervoso presente, ad esempio, nel nostro cervello.

E dunque, in definitiva, la produzione, lo scambio e il consumo non sono altro che flussi di informazioni che si propagano attraverso la rete neurale in cui si articola il sistema.

L'idea mi è venuta in mente mentre me ne stavo pigramente in fila alla cassa del supermercato e, in attesa del mio turno, osservavo dietro di me tutte quelle persone che portavano a spasso il loro carrello afferrando di tanto in tanto un prodotto dagli scaffali ben assortiti.

Mi sono detto: tutti questi prodotti sono arrivati con molta precisione su questi scaffali ed ora aspettano una mano, cento mani, migliaia di mani disposte ad afferrarli e a consumarli, come tanti frutti maturi in attesa di essere colti dal ramo dell'albero.

L'atto del cogliere è un atto altamente significativo e si colloca in un punto di snodo nevralgico del sistema.

E' l'atto elementare dello scambio commerciale: prodotto contro denaro, merce contro diminuzione del potere d'acquisto.

L'atto dello scambio commerciale è simile allo scambio chimico che avviene nel punto di contatto di due neuroni.

Il segnale si propaga elettricamente lungo l'assone del primo neurone e giunge alla periferia della cellula che allunga le sue sinapsi fino a sfiorare le pareti delle cellule neuronali adiacenti (lo scaffale e la mano).

Nel punto di contatto tra le due cellule avviene uno scambio chimico: il neurone "produttore" (del segnale) trasferisce una certa quantità di neurotrasmettitore verso il neurone "consumatore" che, grazie a questo scambio materiale assorbe l'impulso e continua a propagare il segnale verso la successiva frontiera di scambio.

Le aziende di produzione sono così disposte nelle loro filiere come tanti neuroni collegati dalle sinapsi in cui avviene lo scambio commerciale (acquisto/vendita).

Il denaro (e , per simmetria, la merce) svolge dunque lo stesso ruolo del neurotrasmettitore nelle sinapsi neurali: consente il passaggio del segnale tra due neuroni e permette la propagazione del flusso di informazioni tenendo in vita la rete.

Se c'è scarsità di neurotrasmettitore, lo scambio è inibito, i prodotti non vengono afferrati e non cadono nel carrello, tutto il sistema di ferma.

Se c'è eccesso di neurotrasmettitore, al contrario, lo scambio diviene frenetico, sovrabbondante, abnorme e il sistema, come sotto l'effetto di una droga, continua a produrre segnali del tutto decorrelati e privi di significato.

Chi controlla la maggiore o minore disponibilità di neurotrasmettitori nel sistema produttivo/neurale, controlla dunque la salute del sistema e ne decide la sorte.




mercoledì 23 settembre 2009

Gruppo

Essere dentro, essere fuori.

Barriera fatta di parole, di scambi che ti attraversano.

Non essere parte, stare appartati, in disparte, stare da parte.

Essere dentro, essere fuori.

Stare fuori per non sentirsi dentro.

Stare dentro per non sentirsi fuori.

Attendere il momento (buono) per entrare.

Attendere il momento (buono) per uscire.

Essere dentro, essere fuori.

Osmosi delle nostre relazioni futilmente necessarie.

lunedì 7 settembre 2009

Equilibrio (instabile, bilaterale).

Riflettendo sul Dilemma del Prigioniero mi sono reso conto di come, da uno stato di pace e di benessere, due individui (o due stati o due blocchi) possono rapidamente precipitare in una situazione di conflitto reciproco deleteria per entrambi.

Metto giù qualche numero per spiegarmi meglio.

Supponiamo che ciascun giocatore abbia a disposizione due strategie alternative: PACE, GUERRA.

E supponiamo che alla scelta delle strategie siano associati questi punteggi per il primo e per il secondo giocatore, rispettivamente

(PACE, PACE) --> (+2 , +2)

(PACE, GUERRA) --> (-2 , +4)

(GUERRA, PACE) --> (+4 , -2)

(GUERRA, GUERRA) --> (-1 , -1)

Un punteggio positivo corrisponde ad un guadagno e un punteggio negativo corrisponde, evidentemente, ad una perdita.

Lo schema numerico rappresenta bene la situazione.

Lo stato (PACE,PACE) è vantaggioso per entrambi e appare come la scelta più ovvia e di maggiore buon senso perché entrambi i giocatori hanno un guadagno (+2).

I numeri ci dicono però che la configurazione non è stabile perché entrambi i giocatori sono tentati di cambiare strategia per raddoppiare il guadagno passando da +2 a +4 a scapito dell'ignaro avversario.

Una volta subìto l'attacco, però, all'altro giocatore non restano molte scelte.

Per migliorare la sua situazione, anche se di poco, e - soprattutto - per non continuare ad avvantaggiare il "nemico" deve passare da PACE a GUERRA aumentando il proprio punteggio da -2 a -1 e costringendo l'altro giocatore ad assestarsi sullo stesso risultato (negativo).

Appare evidente anche da questo semplicissimo (e famosissimo) esempio come la situazione di pace reciproca possa essere mantenuta solo applicando una volontà positiva bilaterale.

La pace persiste fino a che uno dei due giocatori, con una azione unilaterale, non decide di rovesciare la situazione in cambio di un notevole ed effimero vantaggio.

La fine della guerra reciproca, invece, non può essere ottenuta con una azione unilaterale.

Lo stato di guerra reciproca, infatti, è un Equilibrio di Nash : uno stato in cui nessun giocatore ha il vantaggio di cambiare strategia se anche gli altri non cambiano la propria.

Solo con una azione di disarmo bilaterale entrambi i giocatori ottengono un vantaggio e possono ripristinare la condizione iniziale di equilibrio (instabile, bilaterale) basata sulla pace.




giovedì 3 settembre 2009

Ignari giocatori contro il banco.

Dunque abbiamo N giocatori (1, 2, ..., N) ciascuno dei quali dispone di un insieme di strategie possibili (S1, S2, ..., Sn) da giocare nel Grande Gioco collettivo.

E poi abbiamo il giocatore zero, detto il banco, anche lui con il suo insieme di strategie (S0).

Ciascun giocatore, compreso il banco, sceglie una strategia poi il gioco inizia e dura per un certo tempo.

Alla fine di ogni partita dove si scontrano tutte le strategie messe in campo, avremo giocatori che vincono e giocatori che perdono.

Possiamo quantificare le vincite e le perdite dei giocatori mediante opportune funzioni di utilità (u0, u1, u2, ..., un) che forniscono, per ciascun giocatore compreso il banco, il punteggio (positivo o negativo) ottenuto alla fine della partita.

Supponiamo che il gioco sia a somma zero e cioè che la somma algebrica di tutte le funzioni di utilità (compresa quella del banco) sia esattamente zero per ciascun esito possibile del gioco.

Alla fine di ogni partita, quindi, non viene aumentata l'utilità complessiva del sistema ma - semplicemente - ridistribuita tra i giocatori in campo:
per alcuni giocatori che vincono altri giocatori devono necessariamente perdere in misura uguale e contraria alle vincite complessive.

Supponiamo poi che la funzione di utilità del banco - u0 - sia sempre positiva per ciascun esito del gioco. Con valori che oscillano tra un massimo ed un minimo strettamente maggiori di zero.

Supponiamo infine che nessun giocatore conosca la funzione di utilità del banco e che quindi non possa orientare la scelta della propria strategia tenendo conto delle ipotesi di comportamento del giocatore zero in funzione della sua propria utilità.

Ne consegue che, ad ogni partita, per tutti i giocatori diversi dal banco, il valore assoluto delle perdite (negative) sarà sempre maggiore del valore assoluto delle vincite (positive) e la differenza - positiva - tra vincite e perdite dei giocatori "normali" sarà esattamente uguale al guadagno del banco.

La migliore strategia per il banco è dunque quella che massimizza le perdite e minimizza le vincite degli altri giocatori in modo tale da aumentare al massimo la differenza tra i due valori e ottenere il massimo del guadagno.

Al banco però non conviene giocare sempre e costantemente la sua migliore strategia perché un prolungato periodo di perdite significative porterebbe ad un progressivo allontanamento degli altri giocatori scoraggiati dalle scarse possibilità di successo che il Grande Gioco consente loro.

Ecco dunque che il banco giocherà - per un certo numero di partite - una strategia che minimizza il suo proprio guadagno (pur sempre positivo!) per favorire il maggior numero di giocatori e alimentare negli stessi l'illusione di partecipare ad un gioco estremamente vantaggioso per poi, inaspettatamente e improvvisamente, giocare la strategia che massimizza la propria funzione di utilità a scapito della gran massa dei perdenti.

Il banco può adottare facilmente questo comportamento poichè non ha nulla da perdere ed è riuscito a nascondere, abilmente, la propria funzione di utilità dagli sguardi indiscreti di tutti gli altri giocatori.

giovedì 27 agosto 2009

Albero, finito, con radice.

Possiamo rappresentare la nostra vita come un Gioco in Forma Estesa e cioè come un Albero finito con radice che rappresenta, nei vertici, i punti di snodo decisionale e, negli archi, le scelte possibili che - di volta in volta - siamo chiamati a compiere (le cosiddette scelte della vita).

Sui vertici terminali dell'albero (le foglie) , abbiamo l'esito, il risultato, la conclusione del gioco a cui arriviamo dopo una successione (finita) di scelte.

Da una unica radice, quindi, arriviamo ad una delle (tante) possibili foglie.

In ogni punto di snodo ciascuno di noi è chiamato a scegliere uno degli archi che sono a disposizione per passare al nodo successivo.

In questo contesto, possiamo rappresentare la Libertà come il soddisfacimento delle due seguenti condizioni di gioco:

1) in ciascun punto di snodo, sono visibili al giocatore tutti gli archi possibili (i.e. non ci sono archi nascosti)

2) in ciascun punto di snodo, le probabilità di scelta di ciascun arco dipendono solo dalla strategia del giocatore (i.e. il giocatore non è condizionato)

La prima condizione di libertà è, di fatto, un caso particolare della seconda.

Infatti, se non posso vedere tutti gli archi uscenti da un punto di snodo (cioè esistono archi nascosti che non posso scegliere semplicemente perché non ne immagino neanche l'esistenza) sono, a tutti gli effetti, condizionato nella scelta perchè gli archi nascosti hanno probabilità zero indipendentemente dalla mia strategia.

Se poi esiste anche un condizionamento esplicito (seconda condizione) vuol dire che sono sottoposto anche ad una pressione esterna affinchè orienti la mia scelta solo (o preferibilmente) su alcuni archi decisionali tra tutti quelli visibili ai miei occhi.

Nel primo caso la limitazione della libertà e implicita, indiretta e apparentemente non-violenta.

Nel secondo caso è esplicita, diretta e probabilmente anche violenta.

Il risultato finale però non cambia:

il giocatore viene orientato su un particolare percorso di gioco a prescindere dalla sue reali intenzioni e, di fatto, gioca il gioco di un altro.








martedì 11 agosto 2009

Territorio Virtuale Condiviso

Cos'è, in fondo, una Religione se non un Territorio Virtuale Condiviso (TVC) ?

Territorio fatto di immagini e di storie, di dogmi e di riti.

Virtuale perché costruito dentro la mente come purissima collezione di memi.

Condiviso perché replicato identicamente in tutte le menti di un intero gruppo di esseri umani.

Due persone sconosciute che si incontrano nello stesso TVC, non sono più sconosciute.

Possono parlare di ciò che vedono attorno a sé, nel medesimo Territorio.

E si capiscono perché descrivono lo stesso Territorio.

Sentono di stare dentro lo stesso luogo, di co-abitare, di stagliarsi come figure su uno sfondo comune che fornisce senso alla relazione ed annulla le distanze.

La fatica richiesta ai singoli per costruire e alimentare il TVC nella propria mente (attraverso la quotidiana e millimetrica ripetizione del culto religioso) viene abbondantemente ripagata dalla forte sensazione di integrazione con il network di tutte le menti programmate con il medesimo TVC.

L'uscita dall'isolamento, dalla solitudine, dalla incomunicabilità si ottiene - infatti - solo conformandosi ad un protocollo comune.

P.S.
Anche il Metaverso, per definizione, è un TVC.

lunedì 3 agosto 2009

Dinamica del Capitale

Il Capitale si muove verso quei settori produttivi e quelle aree geografiche che possono garantire un elevato differenziale tra costi e ricavi e massimizzare quindi il ritorno degli investimenti.

Lo spostamento del Capitale da un settore ad un altro avviene quando nel settore di partenza si raggiunge la saturazione (cioè l'equilibrio!) e il ROI si stabilizza su un valore costante e non elevato.

L'equilibrio raggiunto dal punto di vista delle cosiddetta economia "reale" non è interessante per il Capitale.

Qualsiasi considerazione relativa alla utilità sociale delle imprese è considerata semplicemente come non-senso.

Per la logica del Capitale una impresa è interessante nella misura in cui produce valore aggiunto e ripaga l'investimento con percentuali robuste e sempre crescenti nel tempo.

Una impresa che produce beni o servizi indispensabili per il sistema sociale in cui è immersa e che si trova in una condizione di equilibrio tra costi e ricavi senza alcuna opportunità (e necessità!) di ulteriore crescita è - semplicemente - un cattivo investimento per il Capitale che tenderà prima o poi a dis-investire e tornare liquido per potersi spostare su altri settori a maggior potenziale.

La logica del Capitale genera quindi - per sua natura - un sistema macroeconomico perennemente fuori dall'equilibrio e fortemente disomogeneo nel tempo (cicli di crescita seguiti da crolli) e nello spazio (primo, secondo, terzo mondo).

Come possiamo indirizzare le nostre azioni quotidiane affinchè la logica del Capitale venga progressivamente sostituita dalla logica dell' Utilità Sociale che giudica la bontà di una attività produttiva in base alla effettiva necessità che specifici beni e servizi vengano prodotti e consumati dagli esseri umani ?

Come possiamo iniziare a massimizzare il profitto dell'intero sistema e non più di alcune sue microscopiche e inutili porzioni ?

lunedì 27 luglio 2009

L'Impresa

L'Imprenditore, la Banca e - indirettamente - lo Stato, costituiscono l'Impresa mediante un investimento di Capitale.

Alla fine di ogni esercizio, l'Impresa crea valore per l'Imprenditore (Reddito Netto), restituisce gli Interessi alla Banca e paga le Tasse allo Stato.

Questo ritorno è reso possibile dal fatto che esiste una differenza (positiva) tra il valore delle merci che l'Impresa vende ai clienti e il valore che riconosce ai fornitori e ai dipendenti per il loro contributo al processo produttivo.

L'Impresa, dunque, può essere tecnicamente definita come una macchina economica creata dal Capitale in grado di generare denaro dal denaro prelevando il valore aggiunto che gli esseri umani, con il proprio lavoro, immettono nei processi produttivi.







martedì 21 luglio 2009

L'intorno

In quanto esseri viventi singolari su questo singolare pianeta, noi esistiamo dentro un intorno.

Percepiamo il mondo dal centro del nostro intorno.

L'intorno costituito dalle nostre quotidiane abitudini:

la nostra casa,
il nostro territorio,
i nostri vicini,
il nostro ufficio,
i nostri giornalieri spostamenti.

L'intorno in cui esistiamo ogni giorno ci satura l'esperienza come se fosse il tutto.

Ci impedisce la visione di uno spazio più ampio e più vasto.

E' la siepe che esclude al nostro sguardo la visione dell'ultimo orizzonte.

Il nostro intorno ci consente di esistere ogni giorno potendo serenamente trascurare la vastità del pianeta e del cosmo.

La numerosità degli uomini sul pianeta.

La complessità delle reti umane e dei sistemi sociali che si sviluppano oltre la nostra vita al singolare.

Molti di noi non avvertono la presenza discreta dell'intorno.

Se lo portano dietro come una lumaca si porta dietro il proprio guscio, con naturalezza.

Con commovente inconsapevolezza.

Alcuni, invece, vivono l'intorno come un limite.

E tentano in qualsiasi modo di oltrepassarlo, di cancellarlo, di bucarlo.

E gettano, oltre l'intorno, una serie infinita di messaggi.

Affidando ad essi la stessa speranza che il naufrago affida ai suoi messaggi in bottiglia scagliati contro la vastità dell'oceano....

La rete digitale, oggi, ci offre una nuova strategia per superare l'intorno.

Ci connette con l'altrove e ci concede l'impressione di superare il limite del nostro impenetrabile isolamento.

Ma, molto spesso, il superamento del limite è solo apparente, illusorio, immaginario.

Nella rete si finisce quasi sempre per costruire un nuovo intorno, fatto di vicinanze lontane, di altre abitudini, di altre siepi digitali oltre le quali è impossibile gettare lo sguardo.







sabato 18 luglio 2009

Ordine, disordine, ...

Quando un sistema sociale raggiunge una configurazione ordinata, smette di progredire, di crescere.

Il sistema diviene rigido, inerziale, si assesta nella sua posizione di equilibrio ed entra in un ciclo-limite senza possibilità di ulteriori variazioni, senza la possibilità di esplorare nuovi territori nello spazio delle fasi.

Per raggiungere configurazioni a maggiore efficienza, il sistema deve passare attraverso il disordine ricevendo un impulso dall'esterno.

Il disordine rende liquido il sistema permettendogli così di assumere una nuova forma, una nuova struttura plasmata secondo uno schema nuovo, un ordine nuovo.

La crisi non è altro che il passaggio dal vecchio ordine al nuovo ordine, attraverso il disordine.




domenica 12 luglio 2009

L'immaginazione delle folle

Tutto ciò che colpisce l'immaginazione delle folle si presenta sotto forma di un'immagine impressionante e precisa, libera da ogni interpretazione accessoria, o non avente per compagno che qualche fatto meraviglioso: una grande vittoria, un grande miracolo, un grave delitto, una grande speranza.

L'importante é di presentare le cose in blocco e senza mai indicarne la genesi.
Cento piccoli delitti o cento piccoli incidenti non colpiranno mai l'immaginazione delle folle; mentre un solo delitto notevole, una sola catastrofe, le colpiranno profondamente, e con dei risultati infinitamente meno micidiali dei cento piccoli accidenti riuniti.

La grande epidemia d'influenza che uccise a Parigi 5000 persone in poche settimane, colpì poco l'immaginazione popolare. Infatti quella vera ecatombe non si esprimeva con immagini visibili, ma soltanto con le indicazioni ebdomadarie delle statistiche. Un incidente in cui fossero perite, invece delle 5000 persone, soltanto 500, lo stesso giorno, su una pubblica piazza, per mezzo di un fatto visibile - la caduta della torre Eiffel, ad esempio - avrebbe prodotto sull'immaginazione un'impressione immensa.

Ora, le statistiche ufficiali indicano che in un solo anno sono andati perduti un migliaio di bastimenti. Di questi incidenti successivi, molto più importanti per perdite di uomini e di mercanzie, le folle non si preoccuparono neanche per un momento.

Dunque non sono i fatti in sé che colpiscono l'immaginazione popolare, bensì il modo come si presentano. Questi fatti devono condensarsi, se posso esprimermi così, in modo da produrre un'immagine impressionante che occupi e opprima lo spirito.

Conoscere l'arte di impressionare l'immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l'arte di governarle.

Gustav Le Bon
Psicologia delle Folle
(1895)

domenica 5 luglio 2009

Punto di equilibrio

Ad un certo punto della nostra vita avvertiamo, in modo molto netto e preciso, la presenza incombente di due forze della (nostra) Natura:
  • la Forza che governa il decadimento materiale del nostro corpo fisico.
  • la Forza che governa la persistenza del corpo collettivo (sociale) di cui facciamo parte.
Ci rendiamo conto, cioè, che non possiamo - in nessun modo - evitare la nostra morte e quella dei nostri amici.

E che - al medesimo tempo - non siamo in grado di condizionare (da soli) il comportamento e l'evoluzione della corpo umano collettivo di cui facciamo parte che sembra destinato a proseguire la sua esistenza immortale secondo le sue imperscrutabili logiche e senza curarsi della nostra presenza.

Lo sapevamo anche prima di questo momento, lo abbiamo sempre saputo, in realtà.

Ma c'è un particolare momento nella vita, un momento esatto, inequivocabile, in cui queste Forze si presentano chiare e distinte davanti ai nostri occhi e ci costringono a percepire i limiti della nostra natura.

Comprendiamo (anzi, sentiamo) di essere semplicemente delle cellule (mortali e sostituibili) di un organismo più grande di noi che esiste anche grazie al nostro infinitesimo contributo ma che, semplicemente, ci ignora.

Esattamente come noi ignoriamo l'esistenza delle nostre cellule e le sostituiamo tutte più e più volte nel corso della vita, mantenendo invariata la nostra unità personale, la nostra identità, il nostro orgoglioso IO.

martedì 30 giugno 2009

In limite.

Occupiamo un tempo e uno spazio ben definiti.

Solo un tempo alla volta, solo uno spazio alla volta.

Nel poco tempo-e-spazio che ci viene concesso cerchiamo di fare del nostro meglio.

Viviamo dentro una gabbia invisibile.

L'Avatar non può tele-trasportarsi fuori dallo schermo.
Non sa neppure che esiste uno schermo e che lui ci vive "dentro".

Si bea della sua "infinita" possibilità di movimento nel metaverso dei suoi limiti.

venerdì 26 giugno 2009

Biglie semplici per un biliardo ordinato.

Chi si pone l'obiettivo (ambizioso) di voler comprendere con la propria testa il funzionamento della società umana nel suo complesso, deve affrontare, di fatto, quello che i fisici definiscono un many-body-problem, cioè un problema di molti corpi in interazione.

L'analisi teorica dei sistemi fisici composti da un grandissimo numero di particelle, consente in molti casi di giungere ad una elegante e sintetica descrizione della dinamica generale del sistema e di poter esprimere questa dinamica con poche e semplici equazioni che governano le proprietà osservabili globali del sistema stesso (le cosiddette variabili termodinamiche).

Ciò che rende possibile l'analisi teorica dei many-body-problems per i sistemi fisici, è la possibilità di ipersemplificare il comportamento dei singoli componenti elementari e di costruire, a partire dal comportamento (semplice) dei singoli componenti, un modello statistico complessivo.

Ad esempio riusciamo a dedurre l'equazione del gas perfetto - un sistema fisico composto da miliardi e miliardi di molecole interagenti - proprio grazie alla possibilità di ipersemplificare la descrizione del comportamento delle singole molecole che possiamo tranquillamente immaginare come tante piccole biglie la cui unica attività consiste semplicemente nel collidere con le altre biglie e con le pareti del biliardo.

Ma cosa succederebbe se le biglie del biliardo termodinamico fossero oggetti un po' meno stupidi e fossero dotati, poniamo il caso, di una piccola mente in grado di selezionare un comportamento a partire da un repertorio (anche finito) di comportamenti possibili ?...

e se le biglie avessero una qualche forma di memoria per consentire la selezione del comportamento a partire dalla serie storica dei propri comportamenti e delle reazioni che questi comportamenti hanno provocato ?

e se potessero comunicare con qualche altra biglia riuscendo a coordinare i propri comportamenti e finalizzarli al raggiungimento di un obiettivo "comune"?...

Che speranze avremmo di poter descrivere la dinamica complessiva del sistema globale mediante poche e semplici equazioni ?

Se osservassimo una eccessiva complessità comportamentale della singola molecola saremmo portati a considerare impossibile (o altamente improbabile) l'osservazione di una qualsiasi forma di coerenza complessiva del sistema non potendo condurre una analisi statistica dei comportamenti.

Possiamo concludere quindi che tanto maggiore è la complessità comportamentale dei componenti elementari (gli individui), tanto minore è la possibilità di ottenere un modello semplificato e controllabile del sistema nel suo complesso (la società).

E, similmente, tanto minore è la complessità comportamentale degli individui, tanto maggiore è la possibilità di ottenere un modello semplice e controllabile della società e di poterne quindi prevedere e condizionare l'evoluzione.

Per i sistemi sociali - dunque - la tentazione autoritaria è sempre in agguato ed è giustificata dalla evidenza che un società composta da tanti individui semplici (o semplificati) è più stabile, più prevedibile e più controllabile di una società composta da tanti individui complessi in grado di esibire un ricco repertorio di comportamenti e di interazioni.

Possiamo concederci il lusso di avere biglie intelligenti, complesse e consapevoli, rinunciando a governare il biliardo ?

giovedì 18 giugno 2009

Basilica

Entrare ed essere subito contenuti, sovrastati, rimpiccioliti.

Le pareti che svettano verso l'alto accompagnate dal ritmo delle colonne.

Ogni sguardo incrocia una immagine, un affresco, un bassorilievo, una figura.

Ci si ritrova circondati da icone e simboli come dentro uno schermo avvolgente.

Le immagini penetrano nella psiche con assoluta naturalezza e vincono ogni resistenza grazie alla loro bellezza.

E poi il suono, cupo, lungo, soffuso, di un organo dal soffio antico.

E il profumo striato dell'incenso che proviene dal fondo, dall'altare.

Tutto prelude al rito, prepara alla cerimonia.
Tutto è predisposto per ammorbidire gli animi alla ricezione della Parola.

Mezzo di comunicazione di massa, immersivo, tridimensionale, ipnotico.

Straordinariamente efficace.
Nei secoli dei secoli.

lunedì 15 giugno 2009

Intelligenza di scala

Un sistema composto da moltissimi agenti intelligenti e interagenti può essere, a sua volta, intelligente ?

E può l'intelligenza di un singolo agente comunicare con l'intelligenza collettiva del sistema di cui lui stesso fa parte ?

Cosa può avere in comune l'intelligenza del tutto con l'intelligenza di una parte che compone quel tutto ?

Se l'intelligenza complessiva del sistema conduce al perseguimento di obiettivi globali che confliggono con gli obiettivi in capo ai singoli agenti, possiamo ritenere provata la totale indipendenza tra i due livelli di intelligenza ?
Oppure l'intelligenza superiore persegue in qualche modo anche il bene dei singoli adottando strategie che i singoli non riescono neanche a concepire ?

Se gli atti di un singolo agente potessero essere determinati direttamente dalla azione della intelligenza collettiva, quale sarebbe il comportamento di questo agente e quali reazioni sarebbero provocate negli altri agenti in grado di osservare questi comportamenti ?

I singoli agenti possono arrivare a sentirsi parte della intelligenza collettiva pur continuando ad esibire un repertorio di comportamenti determinato dalla propria singola intelligenza ?

L'intelligenza collettiva è determinata, in qualche modo, dalla composizione delle intelligenze singole a cui si somma l'intelligenza espressa dalla rete-delle-relazioni tra i singoli ?

Sta forse tutta nella rete-delle-relazioni la differenza tra l'intelligenza globale e le intelligenze dei singoli ?

Le stesse intelligenze singole, arrangiate in una differente struttura di rete, produrrebbero diverse forme di intelligenza globale ?

E quale può essere un substrato ottimale, un supporto efficiente per lo sviluppo di questa rete ?

martedì 2 giugno 2009

E il conduttore del carro?...

Figuratevi un omino piú largo che lungo, tenero e untuoso come una palla di burro, con un visino di melarosa, una bocchina che rideva sempre e una voce sottile e carezzevole, come quella d’un gatto, che si raccomanda al buon cuore della padrona di casa.

Tutti i ragazzi, appena lo vedevano, ne restavano innamorati e facevano a gara nel montare sul suo carro, per esser condotti da lui in quella vera cuccagna conosciuta nella carta geografica col seducente nome di «Paese de’ balocchi».

Carlo Collodi,
Pinocchio.

lunedì 1 giugno 2009

Maggioranza e minoranza

E' del tutto evidente che una elìte composta di poche decine di migliaia di persone non potrà mai riuscire a controllare e dominare e una massa formata da molti milioni di individui.

Non è materialmente possibile, per una questione di rapporti numerici.

Se riuscisse a incanalare e dare coerenza alla propria sconfinata potenza, la massa dei molti sarebbe in grado di schiacciare qualsiasi frangia minoritaria lanciata alla conquista del potere.

E' evidente, quindi, che il governo dei pochi sui molti si può realizzare solo se la stragrande maggioranza dei "governati" si consegna spontaneamente al controllo e alla dominazione dei pochi "governanti" esprimendo un totale e volontario consenso verso il sistema di potere e rinunciando ad esercitare una qualunque forma di opposizione.

Senza il consenso non può funzionare nessuna forma di controllo delle masse.

Nei sistemi comunisti il consenso è (stato) generato mediante la propaganda ideologica e facendo credere al singolo individuo di essere parte attiva nel processo di creazione collettiva della nuova pòlis.

Nei sistemi liberisti e capitalisti, il consenso è (stato) generato dalla progressione continua del benessere materiale che, prolungata per un periodo sufficientemente lungo, ha fornito agli individui l'illusione di vivere in una macchina sociale assolutamente efficiente e priva di difetti.

Entrambi i sistemi perdono l'equilibrio nel momento in cui non riescono più ad alimentare l'illusione collettiva (della nuova pòlis, che ben presto si trasforma in regime; della crescita infinita che si risolve in un crollo improvviso) e quindi non sono più in grado di alimentare il consenso.

Nella fase discendente della parabola, prima che il consenso sia del tutto dissipato, l'elìte tenterà di dirottare l'attenzione delle masse verso una nuova fonte di generazione del consenso e cioè verso il volto di un comune e terribile nemico in grado di minacciare la sopravvivenza dell'intero sistema.

Un nemico verso il quale sarà necessario mobilitarsi seguendo le direttive dei pochi illuminati ancora saldamente al comando.

sabato 30 maggio 2009

Metacorpo

L'avatar non è un corpo.

L'avatar è un segnaposto, un tag, una proiezione della propria mente dentro la piattaforma del Metaverso.

Il vero corpo (hardware) è la piattaforma stessa.

E dentro la comune piattaforma le menti coabitano come se si trovassero a vivere dentro allo stesso corpo.

Le menti nel Metaverso condividono lo stesso corpo digitale e sperimentano l'esperienza della non-separazione potendo gestire le stesse risorse "materiali".

Nel Mondo, invece, le menti sono dotate, ciascuna, di un differente substrato materiale, di un diverso e distinto hardware biologico.

Questa configurazione impedisce in larga misura il contatto.

venerdì 15 maggio 2009

Non leggete questo titolo !

Prima violazione.

Ed ora vi dico: non leggete questo post !

Seconda violazione.

Avete appena infranto due regole.
E state continuando.

Se viene vietata e sanzionata proprio l'azione che mi consente di conoscere il divieto vuol dire che posso rispettare le regole del sistema solo ignorandone l'esistenza.

E per conservare la mia purezza sono condannato alla indifferenza.

Sapere significa, sempre, violare un segreto, infrangere una regola.

La ricerca della Verità è una attività, per definizione, illegale.

Solo l'indifferenza e la non-ricerca ci consentono di conservare intatta la nostra folle rettitudine, la nostra feroce serenità, il nostro sorriso soddisfatto di sudditi.

lunedì 6 aprile 2009

Il Pendolo Elastico

Supponiamo di attaccare al soffitto una lunga molla e di agganciare alla sua estremità libera inferiore, un peso, diciamo di 1 kg.

Che cosa osserviamo ?

E' facilmente immaginabile: la molla si allunga e il peso scende verso il basso fino a che, dopo qualche piccola oscillazione, si ferma ad una certa altezza. L'altezza nella quale si ottiene l'equilibrio tra la forza gravitazionale che "tira" il peso verso il basso e la forza elastica della molla che, invece, lo "richiama" verso l'alto.

La forza elastica della molla è proporzionale all'allungamento della molla stessa (rispetto alla sua lunghezza di equilibrio) e la costante di proporzionalità K è detta: costante elastica della molla.

In forma matematica si scrive:

F = K*(H-Z)

Dove K è la costante elastica della molla, H è l'altezza della estremità libera della molla senza il peso attaccato (lunghezza a riposo) e Z è invece l'altezza (minore) a cui giunge l'estremità libera della molla con il peso agganciato.

La forza peso, invece, si esprime con la seguente formula:

F = M*g

dove M è la massa del corpo immerso nel campo gravitazionale (costante ed uniforme) e g è l'accelerazione di gravità che, sulla terra, è pari a (circa) 9,8 metri al secondo per secondo.

All'equilibrio le due forze si annullano e pertanto avremo:

K*(H-Z) - M*g = 0

da cui possiamo ricavare il valore di Z

Z = H - M*g / K

L'allungamento della molla è quindi dato dalla seguente espressione

M*g / K

in cui la costante elastica della molla (K) compare a denominatore.

Ciò significa che utilizzando una molla con una costante elastica maggiore (una molla più "forte", per così dire) osserveremmo uno spostamento minore e, viceversa, utilizzando una molla più "debole" (con una costante elastica minore), osserveremmo uno spostamento maggiore.

Se la costante elastica K avesse un valore infinito (una molla infinitamente forte!) non osserveremmo nessun allungamento della molla e il nostro peso rimarrebbe fermo esattamente all'altezza H.

Potete fare l'esperimento con le vostre "mani" navigando a questo indirizzo: http://snurl.com/fanet (e utilizzando la molla numero 3, a destra).

Divertente, vero ?

;-)

Ora facciamo un esperimento mentale (che potete anche riprodurre giocando con l'applet).

Dopo aver attaccato il peso alla molla, iniziamo a variare la costante elastica a nostro piacere

(sull'applet si può usare un controllo sulla destra chiamato "stiffnes spring 3").

Possiamo partire con un valore molto piccolo ed osservare il peso scendere molto in basso ed assestarsi sulla sua posizione di equilibrio.

Poi possiamo aumentare piano piano il valore di K facendo diventare la molla sempre più forte e vedendo il peso salire in alto a piccoli passi e con piccole oscillazioni.

Continuiamo ad aumentare il valore di K fino a raggiungere il massimo consentito (e quindi la massima altezza del nostro peso).

A questo punto, arrivati al massimo, facciamo un bello scherzo:

abbassiamo brutalmente il valore di K portandolo immediatamente al minimo valore possibile !

Cosa osserviamo ?

Un crollo, una caduta !

Il peso si ritrova improvvisamente senza sostegno ed inizia a precipitare.

Acquista velocità e giunge molto in basso, molto più in basso dell'altezza di equilibrio prevista per questo valore minimo della costante K.

Poi rimbalza ed inizia ad oscillare su e giù, come una palla elastica, fino a che dopo un numero di oscillazioni che dipende dalla quantità di attrito ("friction"), si ferma nella sua nuova posizione di equilibrio.

Conclusione (morale):

controllando il solo valore della costante K, della forza elastica della molla, siamo in grado di muovere il peso in alto e in basso a nostro piacimento e siamo in grado di farlo precipitare operando una improvvisa e sensibile riduzione del valore di K.


Ora permettetemi un paragone forse ingenuo ma, a mio avviso, molto calzante.

Facciamo queste sostituzioni terminologiche:

Z = altezza del peso agganciato alla molla --> ricchezza prodotta dal sistema economico (ad esempio il PIL)

K = costante elastica della molla --> il maggiore o minore credito concesso dalle banche a famiglie e imprese (cioè la maggiore o minore quantità di denaro in circolazione)

Non vi sembra che le banche abbiano giocato con il sistema economico mondiale esattamente come con un Pendolo Elastico ?

Negli ultimi decenni abbiamo avuto una soprendente facilità di accesso al credito: prestiti, mutui, mutui-subprime, aumento della massa circolante (e del debito pubblico)...

poi, improvvisamente, la crisi del credito !

Le banche che non prestano più denaro, la molla perde la sua forza e si allunga, il sistema economico precipita, le aziende chiudono e licenziano.

Durante la lenta salita del PIL, le banche hanno concesso crediti e sollevato l'economia in cambio di garanzie (mutui immobiliari in cambio di ipoteche sugli immobili, denaro circolante - creato dal nulla ! - in cambio del debito pubblico) quindi hanno messo le mani sui nostri beni materiali (mobili e immobili).

Ora, allungando improvvisamente la molla, danno uno scossone al sistema mandano sul lastrico migliaia di famiglie ed imprese che, non potendo più onorare i propri debiti, cedono alle banche la proprietà degli immobili e delle aziende per quattro soldi.

Le banche, che hanno in mano il telecomando per regolare la costante elastica del sistema economico (la maggiore o minore disponibilità di denaro !!) si preparano così al prossimo ciclo, alla prossima lenta salita, alla prossima bolla speculativa.

Forse è arrivato il momento di togliere il telecomando a questi signori e di riconsegnarlo nelle mani del Popolo Sovrano, il vero padrone del Pendolo !

sabato 28 marzo 2009

Pochi comprenderanno questo sistema

«Meno male che la popolazione non capisce il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo capisse, credo che prima di domani scoppierebbe una rivoluzione».
Henry Ford, imprenditore

«Dire che uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri».
Ezra Pound, poeta

«Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti permanenti (…) Se il popolo americano permetterà mai alle banche private di controllare l’emissione del denaro, dapprima attraverso l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le compagnie che nasceranno intorno… [alle banche] …priveranno il popolo dei suoi beni finché i loro figli si ritroveranno senza neanche una casa sul continente che i loro padri hanno conquistato».
Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti d’America


«Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a battere moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta nella quale la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato».
Karl Marx nel “Capitale”

«Pochi comprenderanno questo sistema, coloro che lo comprenderanno saranno occupati nello sfruttarlo, il pubblico forse non capirà mai che il sistema è contrario ai suoi interessi».
Sherman Rothschild, banchiere

«Il debito pubblico è abbastanza grande da badare a se stesso».
Ronald Reagan

«Il banco trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla».
William Paterson, fondatore Bank of England, 1694

«Autorizzato ad emettere moneta, e a controllare il sistema monetario di un paese, non mi preoccupo di certo di chi fa le leggi».
Mayer Amschel Rothschild

«La nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo Conferenze di Pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa ottenere guadagni territoriali. Le guerre devono essere dirette in modo tale che le Nazioni, coinvolte in entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere».
Amschel Mayer Rothschild

«L’attuale creazione di denaro dal nulla operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto ».
Maurice Allais, premio Nobel per l’economia

domenica 15 marzo 2009

Considerazioni (ingenue?) sulla società umana, il valore e il Potere

La società umana (contemporanea) può essere considerata come una sorta di sistema termodinamico composto da un insieme di N individui interagenti in grado di produrre valore attraverso il lavoro e l'organizzazione del lavoro.

Il valore generato dal sistema (valore aggiunto) viene, in parte, rimesso in circolazione e scambiato all'interno del sistema, in parte assorbito da entità esterne al sistema.

Il valore si misura attraverso il denaro.

Il denaro è anche l'indicatore del potere d'acquisto cioè della maggiore o minore possibilità, per un soggetto, di poter acquistare il valore prodotto da altri soggetti, senza compiere lavoro.

Il denaro viene immesso nel sistema per consentire la produzione, la circolazione e lo scambio del valore nella società.

Affinchè la società umana possa produrre valore è necessario che ci sia ordine e pace sociale.
L'ordine e la pace sociale sono la condizione necessaria per la creazione del valore.
L'alternativa alla pace sociale è il caos, il disordine, che porta alla distruzione del valore.

L'ordine viene conservato attraverso l'esercizio del Potere.

Al vertice del Potere c'è la Finanza in mano alle grandi Banche private.
Le Banche private controllano le Banche Centrali e, attraverso di esse, gli Stati nazionali.

Ad un livello inferiore si sviluppano le cinque articolazioni visibili del Potere:

1. il Potere Politico: le istituzioni (democratiche)

2. il Potere Industriale: le imprese

3. il Potere Mediatico: i mass-media

4. il Potere Religioso: le religioni

5. il Potere Criminale: le mafie

Il Potere Politico ottiene, dal Potere Finanziario attraverso le Banche Centrali, il denaro (creato dal nulla e senza alcuna garanzia) necessario per consentire gli scambi di valore all'interno della società.

Le Banche Centrali, controllando la quantità di denaro in circolazione, determinano - di fatto - la maggiore o minore circolazione del valore provocando l'espansione o la regressione dell'economia.

Come contropartita al denaro circolante, il Potere Politico trasferisce titoli di debito (pubblico) alle Banche Centrali cedendo ad esse, di fatto, la propria Sovranità Monetaria.

Il Potere Politico, per poter onorare il debito (pubblico) sempre crescente e per gestire le infrastrutture materiali e immateriali necessari al funzionamento della macchina sociale, esercita sui cittadini una costante pressione fiscale che assorbe dal sistema una parte considerevole del valore.

Il Potere Industriale distribuisce salari ai cittadini-consumatori in cambio del loro lavoro e accumula valore aggiunto che viene poi immesso sul mercato generando profitti.

Il Potere Mediatico è fortemente interconnesso con il Potere Industriale e con il Potere Politico.

Il ruolo dei media è duplice:

1. tenere artificialmente alti i consumi (e, quindi, la produzione industriale e, quindi, i profitti) attraverso la propaganda pubblicitaria e

2. indurre stati d'animo e comportamenti collettivi che siano funzionali al mantenimento dell'ordine e della pace sociale.

Il Potere Religioso è molto simile al Potere Mediatico (la religione è, a tutti gli effetti, un mezzo di comunicazione di massa).

La pratica religiosa induce stati d'animo e comportamenti collettivi mediante un coinvolgimento diretto degli individui all'interno di un complesso sistema di simboli, di riti e di convenzioni.

Molto spesso, poi, il Potere Religioso si configura come la copertura (la faccia pulita) di un Potere Finanziario occulto e spregiudicato direttamente connesso con il vertice della Piramide del Potere.

Il Potere Criminale, infine, la quinta forma visibile del potere, assorbe valore dalla società umana mediante l'uso scientifico della violenza e offrendo al tempo stesso un servizio di protezione contro questa stessa violenza in cambio di obbedienza e denaro.
Il denaro accumulato con la pratica criminale viene poi immesso nelle filiere del riciclaggio sfruttando connessioni occulte con gli altri vertici del potere.

Le cinque articolazioni del Potere sono, evidentemente, dirette emanazioni del Potere Finanziario che è gestito da una sempre più ristretta èlite di individui.


La èlite al potere, raccoglie e accumula il valore prodotto dalla società umana nel suo complesso esattamente come un diligente apicultore raccoglie e accumula il miele prodotto da milioni api perfettamente organizzate e inconsapevoli.

Cosa succederebbe se le api, tutte le api, iniziassero a comprendere ?

mercoledì 4 marzo 2009

Parole come pietre...

Però sicuramente la verità verrà a galla!

E non ci vogliono né archivi né dati perché sono tre o quattro cose molto semplici.

Le intercettazioni di Saladino utili saranno una decina, quando fu intercettato prima che de Magistris iniziasse le indagini, ma sono chiarissime!

E l'attacco che viene fatto nei miei confronti parte esattamente dagli stessi soggetti che io avevo identificato la sera del diciannove luglio del 1992 dopo la strage di via D'Amelio, mentre vedevo ancora il cadavere di Paolo Borsellino che bruciava e la povera Emanuela Loi che cadeva a pezzi dalle mura di via D'Amelio numero diciannove dov'è scoppiata la bomba, le stesse persone, gli stessi soggetti, la stessa vicenda che io trovai allora la trovo adesso!

Ancora nessuno ha detto che io sono folle.

Anzi, sarò pericoloso, terribile ma che sono folle non l'ha detto nessuno.

Bene allora quello che io dico non è la parola di un folle perché io dimostrerò tutte queste cose.

E questa è l'occasione perché ci sia una resa dei conti in Italia.
A cominciare dalle stragi di via D'Amelio e dalla strage di Capaci.

Perché queste collusioni fra apparati dello Stato, servizi segreti, gente del malaffare e gente della politica, è bene che gli italiani comincino a sapere cosa è stata.

(dal blog di Gioacchino Genchi)

http://snurl.com/d3lmk