giovedì 24 settembre 2009

Neureconomia

L'altro giorno mi è capitato di osservare come il tessuto economico e produttivo dalla società umana sia, per certi versi, del tutto simile al tessuto nervoso presente, ad esempio, nel nostro cervello.

E dunque, in definitiva, la produzione, lo scambio e il consumo non sono altro che flussi di informazioni che si propagano attraverso la rete neurale in cui si articola il sistema.

L'idea mi è venuta in mente mentre me ne stavo pigramente in fila alla cassa del supermercato e, in attesa del mio turno, osservavo dietro di me tutte quelle persone che portavano a spasso il loro carrello afferrando di tanto in tanto un prodotto dagli scaffali ben assortiti.

Mi sono detto: tutti questi prodotti sono arrivati con molta precisione su questi scaffali ed ora aspettano una mano, cento mani, migliaia di mani disposte ad afferrarli e a consumarli, come tanti frutti maturi in attesa di essere colti dal ramo dell'albero.

L'atto del cogliere è un atto altamente significativo e si colloca in un punto di snodo nevralgico del sistema.

E' l'atto elementare dello scambio commerciale: prodotto contro denaro, merce contro diminuzione del potere d'acquisto.

L'atto dello scambio commerciale è simile allo scambio chimico che avviene nel punto di contatto di due neuroni.

Il segnale si propaga elettricamente lungo l'assone del primo neurone e giunge alla periferia della cellula che allunga le sue sinapsi fino a sfiorare le pareti delle cellule neuronali adiacenti (lo scaffale e la mano).

Nel punto di contatto tra le due cellule avviene uno scambio chimico: il neurone "produttore" (del segnale) trasferisce una certa quantità di neurotrasmettitore verso il neurone "consumatore" che, grazie a questo scambio materiale assorbe l'impulso e continua a propagare il segnale verso la successiva frontiera di scambio.

Le aziende di produzione sono così disposte nelle loro filiere come tanti neuroni collegati dalle sinapsi in cui avviene lo scambio commerciale (acquisto/vendita).

Il denaro (e , per simmetria, la merce) svolge dunque lo stesso ruolo del neurotrasmettitore nelle sinapsi neurali: consente il passaggio del segnale tra due neuroni e permette la propagazione del flusso di informazioni tenendo in vita la rete.

Se c'è scarsità di neurotrasmettitore, lo scambio è inibito, i prodotti non vengono afferrati e non cadono nel carrello, tutto il sistema di ferma.

Se c'è eccesso di neurotrasmettitore, al contrario, lo scambio diviene frenetico, sovrabbondante, abnorme e il sistema, come sotto l'effetto di una droga, continua a produrre segnali del tutto decorrelati e privi di significato.

Chi controlla la maggiore o minore disponibilità di neurotrasmettitori nel sistema produttivo/neurale, controlla dunque la salute del sistema e ne decide la sorte.




mercoledì 23 settembre 2009

Gruppo

Essere dentro, essere fuori.

Barriera fatta di parole, di scambi che ti attraversano.

Non essere parte, stare appartati, in disparte, stare da parte.

Essere dentro, essere fuori.

Stare fuori per non sentirsi dentro.

Stare dentro per non sentirsi fuori.

Attendere il momento (buono) per entrare.

Attendere il momento (buono) per uscire.

Essere dentro, essere fuori.

Osmosi delle nostre relazioni futilmente necessarie.

lunedì 7 settembre 2009

Equilibrio (instabile, bilaterale).

Riflettendo sul Dilemma del Prigioniero mi sono reso conto di come, da uno stato di pace e di benessere, due individui (o due stati o due blocchi) possono rapidamente precipitare in una situazione di conflitto reciproco deleteria per entrambi.

Metto giù qualche numero per spiegarmi meglio.

Supponiamo che ciascun giocatore abbia a disposizione due strategie alternative: PACE, GUERRA.

E supponiamo che alla scelta delle strategie siano associati questi punteggi per il primo e per il secondo giocatore, rispettivamente

(PACE, PACE) --> (+2 , +2)

(PACE, GUERRA) --> (-2 , +4)

(GUERRA, PACE) --> (+4 , -2)

(GUERRA, GUERRA) --> (-1 , -1)

Un punteggio positivo corrisponde ad un guadagno e un punteggio negativo corrisponde, evidentemente, ad una perdita.

Lo schema numerico rappresenta bene la situazione.

Lo stato (PACE,PACE) è vantaggioso per entrambi e appare come la scelta più ovvia e di maggiore buon senso perché entrambi i giocatori hanno un guadagno (+2).

I numeri ci dicono però che la configurazione non è stabile perché entrambi i giocatori sono tentati di cambiare strategia per raddoppiare il guadagno passando da +2 a +4 a scapito dell'ignaro avversario.

Una volta subìto l'attacco, però, all'altro giocatore non restano molte scelte.

Per migliorare la sua situazione, anche se di poco, e - soprattutto - per non continuare ad avvantaggiare il "nemico" deve passare da PACE a GUERRA aumentando il proprio punteggio da -2 a -1 e costringendo l'altro giocatore ad assestarsi sullo stesso risultato (negativo).

Appare evidente anche da questo semplicissimo (e famosissimo) esempio come la situazione di pace reciproca possa essere mantenuta solo applicando una volontà positiva bilaterale.

La pace persiste fino a che uno dei due giocatori, con una azione unilaterale, non decide di rovesciare la situazione in cambio di un notevole ed effimero vantaggio.

La fine della guerra reciproca, invece, non può essere ottenuta con una azione unilaterale.

Lo stato di guerra reciproca, infatti, è un Equilibrio di Nash : uno stato in cui nessun giocatore ha il vantaggio di cambiare strategia se anche gli altri non cambiano la propria.

Solo con una azione di disarmo bilaterale entrambi i giocatori ottengono un vantaggio e possono ripristinare la condizione iniziale di equilibrio (instabile, bilaterale) basata sulla pace.




giovedì 3 settembre 2009

Ignari giocatori contro il banco.

Dunque abbiamo N giocatori (1, 2, ..., N) ciascuno dei quali dispone di un insieme di strategie possibili (S1, S2, ..., Sn) da giocare nel Grande Gioco collettivo.

E poi abbiamo il giocatore zero, detto il banco, anche lui con il suo insieme di strategie (S0).

Ciascun giocatore, compreso il banco, sceglie una strategia poi il gioco inizia e dura per un certo tempo.

Alla fine di ogni partita dove si scontrano tutte le strategie messe in campo, avremo giocatori che vincono e giocatori che perdono.

Possiamo quantificare le vincite e le perdite dei giocatori mediante opportune funzioni di utilità (u0, u1, u2, ..., un) che forniscono, per ciascun giocatore compreso il banco, il punteggio (positivo o negativo) ottenuto alla fine della partita.

Supponiamo che il gioco sia a somma zero e cioè che la somma algebrica di tutte le funzioni di utilità (compresa quella del banco) sia esattamente zero per ciascun esito possibile del gioco.

Alla fine di ogni partita, quindi, non viene aumentata l'utilità complessiva del sistema ma - semplicemente - ridistribuita tra i giocatori in campo:
per alcuni giocatori che vincono altri giocatori devono necessariamente perdere in misura uguale e contraria alle vincite complessive.

Supponiamo poi che la funzione di utilità del banco - u0 - sia sempre positiva per ciascun esito del gioco. Con valori che oscillano tra un massimo ed un minimo strettamente maggiori di zero.

Supponiamo infine che nessun giocatore conosca la funzione di utilità del banco e che quindi non possa orientare la scelta della propria strategia tenendo conto delle ipotesi di comportamento del giocatore zero in funzione della sua propria utilità.

Ne consegue che, ad ogni partita, per tutti i giocatori diversi dal banco, il valore assoluto delle perdite (negative) sarà sempre maggiore del valore assoluto delle vincite (positive) e la differenza - positiva - tra vincite e perdite dei giocatori "normali" sarà esattamente uguale al guadagno del banco.

La migliore strategia per il banco è dunque quella che massimizza le perdite e minimizza le vincite degli altri giocatori in modo tale da aumentare al massimo la differenza tra i due valori e ottenere il massimo del guadagno.

Al banco però non conviene giocare sempre e costantemente la sua migliore strategia perché un prolungato periodo di perdite significative porterebbe ad un progressivo allontanamento degli altri giocatori scoraggiati dalle scarse possibilità di successo che il Grande Gioco consente loro.

Ecco dunque che il banco giocherà - per un certo numero di partite - una strategia che minimizza il suo proprio guadagno (pur sempre positivo!) per favorire il maggior numero di giocatori e alimentare negli stessi l'illusione di partecipare ad un gioco estremamente vantaggioso per poi, inaspettatamente e improvvisamente, giocare la strategia che massimizza la propria funzione di utilità a scapito della gran massa dei perdenti.

Il banco può adottare facilmente questo comportamento poichè non ha nulla da perdere ed è riuscito a nascondere, abilmente, la propria funzione di utilità dagli sguardi indiscreti di tutti gli altri giocatori.