giovedì 3 settembre 2009

Ignari giocatori contro il banco.

Dunque abbiamo N giocatori (1, 2, ..., N) ciascuno dei quali dispone di un insieme di strategie possibili (S1, S2, ..., Sn) da giocare nel Grande Gioco collettivo.

E poi abbiamo il giocatore zero, detto il banco, anche lui con il suo insieme di strategie (S0).

Ciascun giocatore, compreso il banco, sceglie una strategia poi il gioco inizia e dura per un certo tempo.

Alla fine di ogni partita dove si scontrano tutte le strategie messe in campo, avremo giocatori che vincono e giocatori che perdono.

Possiamo quantificare le vincite e le perdite dei giocatori mediante opportune funzioni di utilità (u0, u1, u2, ..., un) che forniscono, per ciascun giocatore compreso il banco, il punteggio (positivo o negativo) ottenuto alla fine della partita.

Supponiamo che il gioco sia a somma zero e cioè che la somma algebrica di tutte le funzioni di utilità (compresa quella del banco) sia esattamente zero per ciascun esito possibile del gioco.

Alla fine di ogni partita, quindi, non viene aumentata l'utilità complessiva del sistema ma - semplicemente - ridistribuita tra i giocatori in campo:
per alcuni giocatori che vincono altri giocatori devono necessariamente perdere in misura uguale e contraria alle vincite complessive.

Supponiamo poi che la funzione di utilità del banco - u0 - sia sempre positiva per ciascun esito del gioco. Con valori che oscillano tra un massimo ed un minimo strettamente maggiori di zero.

Supponiamo infine che nessun giocatore conosca la funzione di utilità del banco e che quindi non possa orientare la scelta della propria strategia tenendo conto delle ipotesi di comportamento del giocatore zero in funzione della sua propria utilità.

Ne consegue che, ad ogni partita, per tutti i giocatori diversi dal banco, il valore assoluto delle perdite (negative) sarà sempre maggiore del valore assoluto delle vincite (positive) e la differenza - positiva - tra vincite e perdite dei giocatori "normali" sarà esattamente uguale al guadagno del banco.

La migliore strategia per il banco è dunque quella che massimizza le perdite e minimizza le vincite degli altri giocatori in modo tale da aumentare al massimo la differenza tra i due valori e ottenere il massimo del guadagno.

Al banco però non conviene giocare sempre e costantemente la sua migliore strategia perché un prolungato periodo di perdite significative porterebbe ad un progressivo allontanamento degli altri giocatori scoraggiati dalle scarse possibilità di successo che il Grande Gioco consente loro.

Ecco dunque che il banco giocherà - per un certo numero di partite - una strategia che minimizza il suo proprio guadagno (pur sempre positivo!) per favorire il maggior numero di giocatori e alimentare negli stessi l'illusione di partecipare ad un gioco estremamente vantaggioso per poi, inaspettatamente e improvvisamente, giocare la strategia che massimizza la propria funzione di utilità a scapito della gran massa dei perdenti.

Il banco può adottare facilmente questo comportamento poichè non ha nulla da perdere ed è riuscito a nascondere, abilmente, la propria funzione di utilità dagli sguardi indiscreti di tutti gli altri giocatori.

2 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Mi piace molto il modo in cui affronti le questioni economiche. Anche io ritengo che identificare il modello che più si avvicina alla realtà sia il primo passo per comprendere meglio ciò che ci circonda.

    Sono d'accordissimo con quanto scrivi, trovo il paragone mercato/casinò molto azzeccato.

    Solo un'appunto: il gioco a cui partecipiamo è a somma negativa. La differenza tra le vincite e le perdite dei giocatori sono in valore assoluto maggiori delle vincite del banco.

    Ciò è dovuto all'applicazione di un interesse sul debito creato dall'emissione monetaria. Se si smettesse di creare nuova moneta tramite il credito il sistema collasserebbe. E questo accade ciclicamente, proprio ora stiamo vivendo una "crisi del credito".

    Nel tuo esempio è possibile raggiungere una sorta di equilibrio (somma 0), nella realtà c'è un costante bisogno di immettere nuove risorse monetarie per onorare i debiti acquisiti. E' questo che crea la sproporzione tra emissione e produzione che da vita all'inflazione.

    Ancora complimenti,
    Alessandro

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