domenica 9 novembre 2008

Dentro il Modello

Proiettare il proprio avatar nel Metaverso è un po' come entrare dentro un Modello.

Un Modello della Realtà Sociale, ovviamente.

Un Modello che consente di mettere a punto una nuova Architettura Sociale.

L'architettura di una società dove ciascun individuo è perfettamente identificabile, tracciabile, osservabile. Dove ciascuno è un ID, un numero univoco, un fascicolo, una chiave univoca di ricerca in una tabella anagrafica sempre accessibile.

L'architettura di una società in cui gli scambi economici sono mediati da una sola e globale moneta elettronica.

L'architettura di una società senza nazioni ove vige la più totale libertà di movimento garantita dalla più totale mancanza di riservatezza dei propri movimenti.

L'architettura di una società in cui ogni individuo esiste in uno stato di perenne ed estatica connessione con qualsiasi altro individuo del sistema attraverso un potentissimo medium di comunicazione istantanea.

E qualsiasi messaggio, proprio perchè si serve del "mezzo" per essere trasmesso, accetta di essere registrato, archiviato, reso persistente.

In una parola, cessa di essere "privato".

Fuori dal Modello, un occhio "sovrano" sperimenta l'alterazione dei parametri sociali ed osserva gli effetti globali di queste variazioni esattamente come avviene quando si osserva l'evoluzione dei parametri termodinamici di un gas perfetto costituito da miliardi di particelle in moto caotico dentro una boccia di vetro.

Le evoluzioni del Modello consentono di tarare l'architettura e di arrivare, nel tempo, alla configurazione ideale.

Quando il Modello sarà messo a punto, anche grazie al nostro ignaro contributo, la configurazione ottenuta sarà finalmente replicata nella Realtà, nella architettura di RL.

Ma a quel punto saremo già perfettamente abituati, allenati, felicemente assuefatti, serenamente schiavi.

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mercoledì 8 ottobre 2008

Glomind - capitolo 3 - incontro.

Ho deciso di iniziare ad ascoltare Linda aggiungendola alla lista dei miei InsideContacts.

Voglio seguire i suoi pensieri sapendo che lei segue i miei.

Sento una profonda, inspiegabile necessità di creare questo contatto…

E’ di nuovo sera, siamo entrambi in inside mode, entrambi in ascolto…

Tecnicamente questa condizione si chiama anello di feedback ovvero un circuito di menti connesse all’interno del quale il segnale si riverbera e si autoalimenta.

Il raggio di un anello di feedback si misura contando i passaggi che deve fare un segnale partito da un certo nodo per ritornare al nodo di partenza.

Nel nostro caso: io-->Linda-->io oppure Linda-->io-->Linda: due passi, anello di raggio due.

Ma nel circuito di Netbrain esistono anelli anche più grandi con centinaia e centinaia di nodi fittamente interconnessi tra di loro.

Si realizzano cioè delle zone ad altissima connessione, delle sottoreti, dei gangli di attività dove i segnali circolano e si riproducono rinforzandosi e riverberandosi attraverso le stesse menti per poi uscire e saltare dall’altra parte del globo sfruttando un improbabile e lunghissimo assone, una connessione a lungo range, tra una mente dell’anello e un’altra mente lontana, magari appartenente ad un altro anello di feedback formato da altre menti.

Anelli e assoni stanno portando la rete di Netbrain verso una configurazione che gli esperti chiamano “piccolo mondo” (Small World) dove un qualsiasi segnale può correre da un estremo all’altro della rete effettuando pochissimi passaggi senza che la rete si sovraccarichi di connessioni inutili attivando tutte quelle tecnicamente possibili.

Io sono disteso sul letto, ho gli occhi chiusi, le braccia distese lungo i fianchi.

Ho sbirciato sul display il nome di Linda affiancato dalla piccola antenna ricevente e sono scivolato anche io in inside-mode.

Eccomi di fronte al mare, ecco il contesto marino della mia pausa, del mio silenzio interiore.

Osservo la vastità dell’acqua e mi placo di fronte alla sua semplicissima calma.

Ora l’ologramma di Linda appare sopra la linea dell’orizzonte.

Non si tratta del suo volto ma di una figura stilizzata, una scultura.

Una scultura di metallo nero, lucido.
Un fenicottero nero con il becco piegato all’ingiù in un atteggiamento di pacata mestizia.
Quasi crepuscolare. Bellissimo nella luce del tramonto.

Ho la netta sensazione che questa figura in qualche misura rappresenti l’immagine che Linda ha di me in questo momento. Sento che c’è un messaggio dietro questa forma. Un messaggio di cui posso percepire solo l’intenzione e lo spirito.

E Linda, cosa vede in questo momento, cosa sente di me ?

Una leggera brezza scorre lungo il suo viso, un piccolo vento leggero le accarezza la pelle e si insinua tra i capelli.
E’ la mia mente che le sta comunicando la mia presenza, la mia benevola vicinanza.

Io allungo un braccio in avanti verso il mare e con l’indice inizio a scrivere nell’aria, a tracciare il profilo di alcune lettere.
La mia scrittura compare immediatamente sullo schermo di Linda come se una invisibile mano scrivesse sulla sua tela bianca con un invisibile pennello.

Scrivo lentamente e attendo una sua risposta.

Ciao Linda, eccomi qui, mi senti ? mi vedi ? riesci a leggere queste parole ?

Linda, in tutta risposta proietta sopra il mio orizzonte marino l’immagine di un gigantesco sorriso che mi appare come un improvvisa e calda ondata di benessere.

La mente di Linda stasera non fa uso di parole.
Preferisce evocare visivamente andando oltre il significato. Oltre il linguaggio.

Io continuo a scrivere con il dito davanti a me, nell’aria:

Ora siamo connessi in un anello, le nostre menti stanno iniziando a parlarsi.

Il sorriso si espande sopra il vasto orizzonte, le labbra si dischiudono, vedo comparire una fila di bianchissimi piccoli denti, odo il fragore di una cristallina risata che mi giunge come riverbero di brezza sulle palpebre socchiuse di fronte al vento marino.

Ecco come sta avvenendo, stasera, il nostro gioco.

Le mie parole tracciate nell’aria come un invisibile solco…
...le sue figure olografiche visualizzate davanti ai miei occhi.

Proseguiamo per alcune ore in un profondissimo stato di quiete ed approfondiamo la nostra conoscenza lasciando che le nostre menti arrivino alla completa sintonizzazione e giungano ad un reciproco adattamento, fino al punto di equilibrio in cui si dissolve il confine.

martedì 30 settembre 2008

Glomind - capitolo 2 - outside mode.

Non conosco le persone che hanno deciso di seguirmi.
Ho semplicemente accettato la loro chiamata, il loro desiderio di connessione, il loro invito.

Sono quattro, per ora: due uomini e due donne.

Posso vedere la lista utilizzando il terminale di Netbrain e scegliendo dal touchscreen la funzione Organizer>>OutsideContacts.

Ognuno di loro ha indicato un Nome, vero o di fantasia, per registrarsi al network.

Linda, Sergio, Irene, Roberto.

E loro quattro vedono il mio nome nella loro lista degli Inside Contacts.

Non so nulla di loro, a parte le poche note che hanno pubblicato nel network di Netbrain, di fianco al loro nome.

Per qualche strano motivo, queste quattro persone hanno scelto me dalla lista sterminata del network ed hanno deciso di connettersi, di iniziare a ricevere gli impulsi della mia mente.

Mi hanno scelto come sorgente ed io trasmetto loro i miei stati mentali ogni volta che accendo Netbrain.

Se attivo Netbrain non posso in nessun modo rifiutarmi di trasmettere.

Solo loro possono decidere, in qualsiasi momento, di interrompere la connessione, di staccare il filo invisibile e persistente che ci tiene assieme.

Io posso solo interrompere la comunicazione con i miei InsideContacts e cioè con le persone che io stesso ho deciso di collegare alla mia mente e da cui ricevo il flusso dei segnali mentali ogni volta che attivo Netbrain e riesco ad entrare in inside mode.

Per eliminare un contatto basta andare in Organizer>>InsideContacts, scegliere un contatto dalla lista e sfiorare con la punta dell’indice l’icona a forma di X rossa in basso a destra. A quel punto vedi comparire sullo schermo del terminale la domanda di conferma e con un ultimo tocco si taglia finalmente il filo da quella sorgente e smetti di ascoltarla.

Ma non posso smettere di comunicare, di trasmettere ai miei Outside Contacts.

Ogni volta che accendo Netbrain inizio a distribuire il mio flusso di stati mentali a quelle quattro persone sconosciute e, di queste quattro, ricevono effettivamente il mio segnale tutte quelle che si trovano in inside mode. Come ero io ieri sera.

Osservando la lista degli OutsideContacts sul mio terminale posso capire chi di loro è veramente in ascolto.

Infatti gli amici che si trovano in inside mode appaiono scritti in un colore blu brillante ed hanno di fianco il disegno di una piccola una antenna in ricezione.

Quelli invece che si trovano in outside mode, come me in questo momento, appaiono scritti in grigio scuro e senza nessuna evidenza, senza nessuna icona, senza nessuna antenna.

Tutto chiaro, semplice, intuitivo.

Con pochi tocchi delle mie dita sul terminale posso modellare il pezzo del gigantesco grafo di connessioni di cui faccio parte e che ogni giorno evolve e si allarga grazie alla straordinaria diffusione di Netbrain in tutto il pianeta.



Ora sono al volante della mia auto e sto guidando in autostrada.

Le mani stringono il volante, il piede destro è fermo sull’acceleratore e dosa cautamente la velocità del mezzo, gli occhi fissano la striscia di asfalto che si proietta sotto di me come un tappeto in movimento.

Linda è in ascolto, è in inside mode.
Lo so perché prima di salire in macchina ho sbirciato la lista degli Outside Contacts per controllarne lo stato.

Mi chiedo quali segnali le stiano arrivando in questo momento dalla mia mente.

Come percepisce Linda le mie sensazioni di veglia?

Ora so solo che i miei occhi fissano la strada che si dipana e si stringono a fessura per riparasi dal sole che colpisce il parabrezza.

Forse le arriva la sensazione di fastidio che provo nel serrare gli occhi?.
La sente anche lei nei suoi occhi? E come ?

Le arriva la pressione e il calore che avverto sulla schiena appoggiata al sedile ? Le arriva il rumore ovattato del motore ?

Mi rendo conto che in questo momento non sto elaborando pensieri coscienti e trasmissibili per la loro semantica (a parte questo di me che si rende conto che in questo momento non sta elaborando pensieri coscienti e trasmissibili per la loro semantica (a parte questo di me che in questo momento …(…(……)..)..)).

Linda è sdraiata nel suo letto, ha chiuso gli occhi e immagina di guardare un immenso schermo bianco davanti a sé.
Sullo schermo vede ora un ologramma del mio volto che tiene in mano uno specchio rivolto verso un secondo specchio che riflette l’immagine del mio volto e dello specchio con dentro l’immagine del mio volto e dello specchio con dentro….

Le sensazioni di una mente arrivano spesso alle altre menti sottoforma di immagini olografiche: astratte opere d’arte tridimensionali, vive e luminose in grado di rappresentare come delle ineffabili icone i contenuti mentali di un altro essere umano senza pretendere di spiegarli…

Se mi imponevo di pensare a delle frasi di senso compiuto, ecco che il mio volto che lei vedeva nella sua mente iniziava a parlare ripetendo esattamente le parole che io stavo pronunciando nel segreto della mia mente.

Parole pronunciate con la sobrietà della coscienza, quindi ben presenti alla mia mente, nitide, scolpite.

Netbrain riusciva ad attivare questa forma di rappresentazione fedele del pensiero, intercettando le onde cerebrali tipiche del pensiero cosciente ed iniziando quindi a riportare un segnale molto preciso come una sorta di fedele trascrizione sonora.

Appena smettevo di elaborare pensieri coscienti, ecco che l’immagine percepita da lei tornava ad essere una forma d’arte, una metafora, una rappresentazione visiva del mio caos interiore.

La guida mi concedeva alcuni momenti di lucida attenzione: la strada libera di fronte a me, nessun sorpasso da fare, nessuna curva, il sole che si dispone di lato e non ferisce più gli occhi…

Ecco quindi fiorire l’attenzione interiore. Ecco la nascita di un pensiero cosciente…

Non è un pensiero mio ma un ricordo. Il ricordo delle parole che ieri sera ho sentito dalla mia amica sconosciuta in inside mode.

Ripeto le sue parole scandendole una per una per scolpirle nella mia memoria e, involontariamente, le trasmetto con altrettanta nitidezza a Linda che ascolta anche lei in religioso silenzio.

sabato 6 settembre 2008

Glomind - capitolo 1 - inside mode.

Chiudo gli occhi e immagino la calma superficie del mare di fronte a me.

La mia mente ora è in inside mode: è concentrata solo sulle sue sensazioni interiori.

Gli stimoli sensoriali sono notevolmente ridotti. Nessuno stimolo visivo.
Pochi e quasi impercettibili gli stimoli auditivi, olfattivi, tattili.

Il mare di fronte a me è calmo.
E’ un vasto orizzonte d’acqua assolutamente placato.

Entrato in inside mode posso iniziare a percepire gli altri segnali.

Posso percepire sensazioni, immagini e stati d’animo che non mi appartengono, che provengono da altre menti fuori di me.Voci e suoni che le mie orecchie non possono udire, immagini che i miei occhi (chiusi) non possono vedere.

Entro in connessione con altre menti e percepisco i loro impulsi come se fossero prodotti dalla mia mente, dai miei sensi.

E’ sorprendente rendersi conto di come tutto ciò non sia fonte di affaticamento o di turbamento: le stimolazioni fluiscono serenamente con continuità come lo svolgersi ordinato di un film.

In ogni caso il flusso di stimoli che mi arriva in questo modo non è superiore a quello che normalmente ricevo dai miei sensi attivi durante la veglia: vista, udito, odorato, gusto, tatto… tutti assieme, producono un flusso ancora più intenso e disordinato di impulsi.

In inside mode ho la sensazione nettissima di estendere il confine dei miei processi interiori potendoli condividere con altri esseri umani lontani da me, chissà dove.



Questo è possibile grazie ad un meraviglioso strumento, la punta più alta della tecnologia delle telecomunicazioni umane: Netbrain, un connettore cerebrale disposto attorno alla scatola cranica ed il cui utilizzo si sta rapidamente diffondendo su tutto il pianeta.

Come un virus.

Dodici sottilissime lamine d’argento sottocutanee, impiantate in altrettante precisissime posizioni sulla superficie del cranio e collegate, attraverso sottilissimi fili d’argento, ad un chip centrale per la trasmissione e la ricezione del segnale mentale.

Un impianto completamente invisibile dall’esterno, alimentato da celle termovoltaiche che sfruttano il calore costante delle epidermide per tenere attivo il circuito.

Le lamine di argento catturano le continue e impercettibili variazioni di potenziale elettrico generate dalla mia attività cerebrale nei vari punti di contatto con l’epidermide e possono funzionare anche in senso inverso, come stimolatori, introducendo nel mio cervello i segnali captati dal chip e provenienti da altre menti lontane a cui sono connesso.

Il chip è in grado di captare il segnale da una rete di centraline digitali sparse in tutto il globo. Ogni chip ha un suo proprio indirizzo, un numero assoluto, che individua con esatta precisione un possessore, un individuo, un cervello.

Mediante un piccolo terminale senza fili, è possibile configurare il proprio impianto Netbrain impostando il valore di centinaia di parametri e, cosa più importante, definendo la lista dei friends, dei cervelli amici, dai quali si desidera ricevere il flusso di segnali neuronali, conoscendone l’indirizzo o recuperandolo da una banca dati centralizzata.

In questo modo ogni cervello trasmette il proprio segnale ai cervelli che si sono connessi a lui e riceve il segnale da tutti i cervelli a cui lui ha deciso di connettersi.

La rete di cervelli che si viene a realizzare grazie a Netbrain è topologicamente identica ad una rete di neuroni.

Ciascun neurone, infatti, riceve stimoli da un insieme selezionato di altri neuroni a cui è connesso tramite sinapsi elettrochimiche e, a sua volta, trasmette i suoi stimoli ad un altro insieme di neuroni che si connettono a lui.

E la topologia della rete cambia continuamente nel tempo: è una struttura plastica, dinamica, mutevole, adattabile. Nuove connessioni nascono ogni giorno e altre connessioni vengono disattivate. Così, semplicemente, per il desiderio di ricevere nuovi stimoli oppure per interrompere una sequenza indesiderata di stimoli da una mente che, un tempo, consideravamo amica.

E’ possibile utilizzare Netbrain in due modalità: inside mode e outside mode.

In inside mode la mente smette di governare il corpo e di ricevere stimoli corporei.

E’ una specie di sonno o, meglio, di meditazione.
Gli occhi sono chiusi, il corpo è immobile.

E’ necessario raggiungere un particolare stato di rilassatezza e di calma interiore.

Netbrain rileva il raggiungimento di questo particolare stato mentale ed a quel punto inizia a captare segnali dai cervelli amici propagandoli attraverso i dodici stimolatori sottocutanei.

In outside mode, invece, la ricezione del segnale è inibita, sospesa. Perché la mente è impegnata a governare il corpo e a decifrare gli stimoli sensoriali e non sarebbe in grado di elaborare altri segnali.

In entrambi gli stati, Netbrain trasmette continuamente gli impulsi del nostro cervello a tutti i cervelli amici connessi in quel momento.

Ma è possibile ricevere segnali solo in inside mode.

E’ possibile ascoltare solo in inside mode.

Come ora…

E’ sera, sono a casa da solo. Ho passato una lunga giornata di lavoro, faticosa, dura.

Ho addosso una stanchezza antica. La stanchezza della formica che si affanna a trascinare la sua briciola, in mezzo ad altre mille formiche che, negli occhi, hanno lo stesso affanno e, sulle spalle, la medesima briciola.

Ma ora sono seduto, su una semplice sedia, di fronte ad un semplice tavolo.

Ho spento la luce. Ho disteso le mani lungo i fianchi. Ho chiuso gli occhi.

Il respiro fluisce in me come la linfa scorre all’interno di un albero.

Cerco di dimenticare i fatti della giornata.

Ma per dimenticare devo richiamare alla mente ciò che desidero dimenticare.
Allora smetto di dimenticare e smetto di pensare che devo dimenticare…

Netbrain è attivo e perfettamente funzionante. Ho controllato tutti i parametri ad uno ad uno prima di sedermi e la lista degli amici è correttamente impostata.

Dopo qualche respiro, finalmente, rivedo il mare di fronte a me.

E la sua calma assoluta.
La semplice vastità del mare di fronte ai miei occhi.

La osservo fino a quasi ipnotizzarmi.

Fino a che smetto del tutto di udire i piccoli rumori dell’ambiente reale che mi circonda, il fruscio delle macchine sulla strada, lo scricchiolio della sedia di legno, il mio stesso respiro.

Ora attraverso un lungo momento di assoluto silenzio assorto nella visione di questo mare interiore.

In questo modo entro in inside mode e il chip di Netbrain inizia a captare i segnali dalla rete e a riprodurli sulla sensibile epidermide del mio cranio nei dodici punti di contatto dai quali si propagano verso l’interno in forma di onde sferiche, provocando cascate di stimoli elettrochimici lungo il grafo delle mie connessioni sinaptiche.

In quel momento dal silenzio iniziano ad emergere voci nuove, suoni nuovi.

Inizio a vedere, sopra la vastità del mare, come proiettato su un gigantesco schermo tridimensionale, immagini olografiche che sento provenire da altre fonti, da altre menti fuori di me.

Mi lascio affascinare da questi giochi luminosi che fluttuano come aurore boreali sopra la tavolata del mare mentre una voce cara e familiare mi sussurra all’orecchio alcune parole di cui ancora non comprendo il significato.

Infine vengo toccato da invisibili mani che raggiungono le mie spalle, il mio viso.

E poi, a poco a poco, la confusione indistinta di queste nuove sensazioni lentamente si va placando.

Ora posso finalmente cogliere una coerenza nelle forme visive che percepisco e nelle altre forme sensoriali che si stanno sviluppando attorno a me.

Come quando guardiamo insistentemente una nuvola all’orizzonte e all’improvviso scorgiamo un disegno dotato di senso emergere fulmineo tra i caotici rigonfiamenti del vapore, ora vedo, sopra la calmissima superficie marina, il delinearsi preciso di un volto di donna con gli occhi quasi socchiusi e la bocca che si muove come se stesse sussurrando un discorso.

Parole lontane che percepisco come un brusio e che si fanno sempre più vicine alla mia destra e alla mia sinistra, contemporaneamente.

La riconosco!

E’ l’amica che recentemente ho aggiunto alla lista dei friends cercandola a caso nel database di tutti i gli utenti di Netbrain e che ora sta trasmettendo il suo segnale.

Una mente tra migliaia di menti a cui mi sono connesso.

E che ora ascolto in religioso silenzio.

venerdì 8 agosto 2008

Senza rete...

Lo scopo della rete è quello di farsi da parte
dopo aver connesso.

Diventare sempre più sottile
impalpabile
invisibile.

Alla fine di questo processo
di dissolvenza della rete
rimarremo solo noi
e le nostre invisibili connessioni
e finalmente
potremo costruire correlazioni persistenti a lungo range
che renderanno più stabile e coerente l'umanità
se la vediamo come un sistema di molti "corpi" in interazione.

Ho sempre pensato che le guerre e le divisioni nell'umanità
fossero, in ultima analisi, un sottoprodotto dei limitati canali di comunicazione
di cui l'umanità ha potuto disporre
nei secoli.

Sono sempre state favorite, di fatto, le correlazioni a corto range
tra i vicini, i simili,
nel villaggio, nella città, nella nazione
a scapito delle correlazioni a lungo range
tra individui molto distanti
rispetto alle metriche geografiche, sociali, culturali.

Ora invece
(e solo ora
con il web delle Persone e il web delle Cose)
accendiamo il notebook
e possiamo rapidamente lanciare connettori verso tutte le persone del globo
e rendere persistenti questi connettori
per generare nuovi flussi di informazioni ed emozioni.


Questo può spostare l'equilibrio della società
può spostare il PUNTO di equilibrio - intendo -

verso una nuova regione stabile
senza le periodiche oscillazioni tra caos e ordine
tra costruzione e devastazione.

Ma serve ancora una generazione...
forse una sola.

mercoledì 30 luglio 2008

La persistenza della pipa

- ciao !
- vorrei imparare a fare qualcosa
- ma sono una frana

> impara a stare fermo
> tutto questo svolazzare di pupattoli di pixel
> questi tippi, voli, salti
> e dietro ciascun pupattolo, un essere umano in carne & ossa seduto davanti allo schermo
> e allora: che anche l'avatar SIA SEDUTO !!

- se è un invito a sedermi potevi dirlo subito :-)

> la sedia era per te
> sapevo che saresti venuto ;-)

- ...
- voi costruite?

> humm+
> siamo costruiti, piuttosto

- io cerco di capire come creare un oggetto

> gli oggetti esistono prima di te, li puoi solo trasformare
> ma le uniche cose che ha senso buildare qui dentro, secondo me, sono le relazioni ;-)
> tutto il resto è... vanità!

] quindi il buildare fa parte del build delle relazioni

> ma ne abbiamo bisogno ?

] è una forma di comunicazione

> perchè?

] altrimenti potremmo parlare anche in chat
] mentre SL ci da la possibilità di esprimerci con più completezza

> parliamo tramite gli "oggetti"...

* ehi io ricordo il tuo "succhiotto da bebè" ora ci siamo evoluti alla pipa? ;-)

- questa pipa

> ?

] certo !
] esprimerci coi prim..

> è quello che facciamo ogni giorno in RL
> vorrei qualcosa di nuovo....qui dentro
> pura relazione!

] beh, qui abbiamo modo di rappresentarci in modo più completo
] la relazione è fatta anche di segnali
] non chiari
] non puliti

> quindi la tua pipa è un segnale ? :-)

] perchè no?

> cosa ci vuoi comunicare , con la pipa ?

] allargo la rappresentazione di me stesso

> (forse ognuno la legge come vuole)

] certi interessi sono più semplici da comunicare sotto forma grafica che testuale
] la comuncazione testuale, tranne che per i più abili, è sempre molto diretta
] io ti scrivo e tu sai di cosa ti sto parlando
] perchè lo leggi

> esatto
> questo mi tranquillizza!

> ma la pipa ?
> come faccio a leggere la tua pipa?

] tu vedi un oggetto che indosso e non sai di preciso cosa voglio sottolineare
] qui è il bello ;-)

> quindi ..."carisma e sintomatico mistero"...

] certo

> polisemia

* interpretazione

> esse est percipi:
> indosseresti la tua pipa se non ci fosse nessuno a vederla ?

] la indosso anche per me stesso

* io indosso i miei orpelli per me... parlano di me a me stessa...

- la pipa evoca calma

] spesso quando leggo tengo in mano la pipa, anche se è spenta

> ecco
> quindi voi mi dite che questa piattaforma
> ci permette di alimentare l'emisfero destro
> e moltiplicare le associazioni
> la chat è solo linguaggio verbale
> invece qui abbiamo una pipa fatta con qualche pixel
> che esiste fuori di noi...

> allora è forse la PERSISTENZA la qualità che ci piace degli oggetti che creiamo qui dentro ?

] esatto !

> la persistenza delle immagini che evochiamo collettivamente
> con il build..

> in realtà questa è una mente collettiva
> e il build è la creazione dell'idea resa persistente e intersoggettiva

> ognuno di noi VEDE questa pipa
> è la "stessa" pipa per tutti
> rimane
> anche dopo il nostro log-out
> e la ritroviamo al prossimo log-in

> persistenza dell'oggetto...

> ecco perchè è bello buildare
> e salvarle su un server, laggiù, negli stati uniti d'america...
> tasto destro, build
> scegli la forma, zac !
> ecco la tua idea !!

> il verbo si fece "prim"
> .... creazione dal nulla

] poi ti svegli una mattina e ti rendi conto che...

domenica 29 giugno 2008

Incipit...

Mi trovo a percorrere una pista di sabbia nel deserto.
Il sole brucia le mie ossa. La gola riarsa respira sabbia graffiante.
Procedo a passi lenti scrutando l’orizzonte lontano con gli occhi serrati a fessura.
Mi proteggo dall’abbaglio della luce con una mano tesa di taglio sulla fronte.
Osservo tutto intorno un vasto e continuo profilo di dune colorate di ruggine.

Il percorso che ho lasciato alle mie spalle – se mi volto indietro a guardare - mi appare tracciato in modo evidente. Indubbiamente ho seguito una pista.
Non so ricordare come e perché mi sia messo in cammino e dove la pista mi stia conducendo.

L’evidenza della traccia alle mie spalle contrasta con la totale mancanza di definizione del percorso che mi aspetta dinnanzi. Riesco ad indirizzare solo un passo alla volta. Quel tanto che basta per rimanere nel centro esatto della pista che intravedo solo per qualche metro davanti a me.
Ma non posso in nessun modo orientare il mio procedere su orizzonti più vasti, per quanto mi sforzi di scrutare il misterioso universo che mi avvolge.

Se provo a sfidare l’orizzonte alzando bene la fronte, mi ferisce subito l’abbaglio violento della luce e si confondono i profili delle dune in un complesso arabesco privo di senso.
La pista sembra sfumare dopo pochi metri, svanire nell’illogico disegno delle colline di sabbia.

Eccomi dunque nel mezzo di un cammino che proseguo con ostinata determinazione come se effettivamente avessi una mèta.
I bordi della pista sabbiosa mi indirizzano come fossi un treno su un lungo binario.

Del resto non ho alternative.

Potrei abbandonare la pista, che pure non conosco.
Ma a quel punto tutte le direzioni diventerebbero equiprobabili e quindi arbitrarie.
Finirei con l’avvertire una sempre più inaccettabile precarietà dopo qualche momento di illusione e di libertà.

L’esistenza (indubbia) della pista si pone come un rassicurante elemento di ordine nel caos isotropo del deserto. Rompe una simmetria informe. Fornisce un solido appiglio alla mia mente pensante che non può mai cessare di dare forma alla massa delle esperienze.

Per questo proseguo aggiustando con meticolosa attenzione la direzione dei miei passi e rimanendo sempre al centro della pista di sabbia. Metro dopo metro.