giovedì 27 agosto 2009

Albero, finito, con radice.

Possiamo rappresentare la nostra vita come un Gioco in Forma Estesa e cioè come un Albero finito con radice che rappresenta, nei vertici, i punti di snodo decisionale e, negli archi, le scelte possibili che - di volta in volta - siamo chiamati a compiere (le cosiddette scelte della vita).

Sui vertici terminali dell'albero (le foglie) , abbiamo l'esito, il risultato, la conclusione del gioco a cui arriviamo dopo una successione (finita) di scelte.

Da una unica radice, quindi, arriviamo ad una delle (tante) possibili foglie.

In ogni punto di snodo ciascuno di noi è chiamato a scegliere uno degli archi che sono a disposizione per passare al nodo successivo.

In questo contesto, possiamo rappresentare la Libertà come il soddisfacimento delle due seguenti condizioni di gioco:

1) in ciascun punto di snodo, sono visibili al giocatore tutti gli archi possibili (i.e. non ci sono archi nascosti)

2) in ciascun punto di snodo, le probabilità di scelta di ciascun arco dipendono solo dalla strategia del giocatore (i.e. il giocatore non è condizionato)

La prima condizione di libertà è, di fatto, un caso particolare della seconda.

Infatti, se non posso vedere tutti gli archi uscenti da un punto di snodo (cioè esistono archi nascosti che non posso scegliere semplicemente perché non ne immagino neanche l'esistenza) sono, a tutti gli effetti, condizionato nella scelta perchè gli archi nascosti hanno probabilità zero indipendentemente dalla mia strategia.

Se poi esiste anche un condizionamento esplicito (seconda condizione) vuol dire che sono sottoposto anche ad una pressione esterna affinchè orienti la mia scelta solo (o preferibilmente) su alcuni archi decisionali tra tutti quelli visibili ai miei occhi.

Nel primo caso la limitazione della libertà e implicita, indiretta e apparentemente non-violenta.

Nel secondo caso è esplicita, diretta e probabilmente anche violenta.

Il risultato finale però non cambia:

il giocatore viene orientato su un particolare percorso di gioco a prescindere dalla sue reali intenzioni e, di fatto, gioca il gioco di un altro.








martedì 11 agosto 2009

Territorio Virtuale Condiviso

Cos'è, in fondo, una Religione se non un Territorio Virtuale Condiviso (TVC) ?

Territorio fatto di immagini e di storie, di dogmi e di riti.

Virtuale perché costruito dentro la mente come purissima collezione di memi.

Condiviso perché replicato identicamente in tutte le menti di un intero gruppo di esseri umani.

Due persone sconosciute che si incontrano nello stesso TVC, non sono più sconosciute.

Possono parlare di ciò che vedono attorno a sé, nel medesimo Territorio.

E si capiscono perché descrivono lo stesso Territorio.

Sentono di stare dentro lo stesso luogo, di co-abitare, di stagliarsi come figure su uno sfondo comune che fornisce senso alla relazione ed annulla le distanze.

La fatica richiesta ai singoli per costruire e alimentare il TVC nella propria mente (attraverso la quotidiana e millimetrica ripetizione del culto religioso) viene abbondantemente ripagata dalla forte sensazione di integrazione con il network di tutte le menti programmate con il medesimo TVC.

L'uscita dall'isolamento, dalla solitudine, dalla incomunicabilità si ottiene - infatti - solo conformandosi ad un protocollo comune.

P.S.
Anche il Metaverso, per definizione, è un TVC.

lunedì 3 agosto 2009

Dinamica del Capitale

Il Capitale si muove verso quei settori produttivi e quelle aree geografiche che possono garantire un elevato differenziale tra costi e ricavi e massimizzare quindi il ritorno degli investimenti.

Lo spostamento del Capitale da un settore ad un altro avviene quando nel settore di partenza si raggiunge la saturazione (cioè l'equilibrio!) e il ROI si stabilizza su un valore costante e non elevato.

L'equilibrio raggiunto dal punto di vista delle cosiddetta economia "reale" non è interessante per il Capitale.

Qualsiasi considerazione relativa alla utilità sociale delle imprese è considerata semplicemente come non-senso.

Per la logica del Capitale una impresa è interessante nella misura in cui produce valore aggiunto e ripaga l'investimento con percentuali robuste e sempre crescenti nel tempo.

Una impresa che produce beni o servizi indispensabili per il sistema sociale in cui è immersa e che si trova in una condizione di equilibrio tra costi e ricavi senza alcuna opportunità (e necessità!) di ulteriore crescita è - semplicemente - un cattivo investimento per il Capitale che tenderà prima o poi a dis-investire e tornare liquido per potersi spostare su altri settori a maggior potenziale.

La logica del Capitale genera quindi - per sua natura - un sistema macroeconomico perennemente fuori dall'equilibrio e fortemente disomogeneo nel tempo (cicli di crescita seguiti da crolli) e nello spazio (primo, secondo, terzo mondo).

Come possiamo indirizzare le nostre azioni quotidiane affinchè la logica del Capitale venga progressivamente sostituita dalla logica dell' Utilità Sociale che giudica la bontà di una attività produttiva in base alla effettiva necessità che specifici beni e servizi vengano prodotti e consumati dagli esseri umani ?

Come possiamo iniziare a massimizzare il profitto dell'intero sistema e non più di alcune sue microscopiche e inutili porzioni ?